Buco del Pretaro - Montebuono |
||
Da Montebuono si prende la S.P. per Magliano Sabina fino al Ponte del Pretaro. Appena superato il ponte si vede sulla destra della strada l’ingresso, un foro alla base della parete chiuso da un cancello. Alla base della parete verticale si trova l’ingresso, allargato artificialmente, costituito da un foro di sezione circolare di 70 cm di diametro. Ci si infila nel pertugio calandosi in una saletta; si prosegue la discesa nella condotta forzata superando un primo passaggio basso (40 cm) con soffitto tondeggiante poi la condotta scende ripidamente, con allargamenti e abbassamenti della volta. Dopo 6 m il cunicolo si biforca: a destra una stretta fessura in discesa porta al ramo “Agili” mentre a sinistra si prosegue per la “Via Vecchia”. |
|
|
|
||
Ancora 2-3 m di discesa e l’ambiente di allarga e lungo un giunto di strato inclinato si sviluppa una serie di cunicoli: quelli in alto lungo il piano (“Labirinto di Patroclo”), cioè a destra, portano verso l’ingresso del ramo “del Guerriero” e verso il punto più alto della grotta (quota +6), mentre tenendosi in basso presso la parete di sinistra si prosegue per la “Via Vecchia”. Tutta la grotta è costituita da una fitta rete di condotti con sezioni circolari o ellittiche allungate lungo piani di discontinuità. Le condotte sono impostate in sistemi di fratture immergenti verso 50°-70° con inclinazione di 40°-65° (sistema prevalente nella “Via Vecchia”) e immergenti di 60° verso 330°-340° (nel ramo “del Guerriero”), e lungo gli strati, inclinati di 30-65° verso 210 250°. Si tratta spesso di condotte forzate di dimensioni limitate (in genere con diametro inferiore al metro). Le condotte si intersecano formando un reticolo labirintico, con andamento per lo più “a scivolo”, lungo la massima pendenza delle superfici di discontinuità. Trovare la strada giusta in questo labirinto non è facile e richiede molto tempo, se non si è accompagnati da una “guida”. “VIA VECCHIA” Una quindicina di metri più avanti del punto 4, si aggira e si scende un pozzetto scivolando sul piano inclinato dello strato: il pozzetto “Barbablù” ampio 1x2 m e profondo 4 m, arrampicabile. Alla base si prosegue nella spaccatura e, tenendosi in alto presso la volta, si raggiunge dopo pochi metri una condotta pianeggiante. Subito si aprono alcuni tubi ellittici a scivolo (“1° Toboga”, punto 16), impostati sulla frattura inclinata di 50° verso 60° e profondi 9 m: uno misura 40x60 cm ed è una bella ed inusuale discesa per gravità, un secondo è più ampio (20x120 cm) e può essere sceso più comodamente, con l’aiuto della corda fissa. Alla base del 1° Toboga si entra in una condotta forzata (diametro 70 cm) a sinistra (Nord) che immette immediatamente nel “2° Toboga”, simile al primo, profondo 5 m, con una corda che facilita la discesa (e soprattutto la salita, data la presenza di fango). Alla base bisogna scoprire, con l’indispensabile buona sorte, il passaggio giusto in un intricato sistema di condotte ricche di concrezioni coralloidi, evitando un ripido scivolo (profondo 11 m, porta al ramo “del Cervo”), e dopo una decina di metri si raggiunge un incrocio individuabile dalla scritta “22” sulla parete (punto 25 del nostro rilievo). In questo tratto si notano sulle pareti le scritte in carboncino: “uscita” e “plus ultra”, scritte al contrario e risalenti ad una epoca sconosciuta (cioè sono state trovate già dai “primi” esploratori della grotta); la scritta “uscita” non è diretta verso l’ingresso attuale (che, d’altra parte, era impercorribile ed è stato aperto artificialmente), e dimostra l’antica esistenza di un altro ingresso, tuttora ignoto. Si prosegue in una spaccatura orientata a NW, che dopo pochi metri diventa più ampia (larga 1,5 m, alta anche 3 m), impostata lungo lo strato inclinato. Dopo meno di 10 m si nota una fessura verticale a destra (che in breve chiude), poi si raggiunge una particolare forma di erosione nella roccia (“l’onda”), si risale e dopo una decina di metri si sbuca in una saletta alta 2 m, ampia 2x10 m (punto 29), a quota -34. All’estremità SW (a sinistra entrando nella saletta dal cunicolo) parte un altro cunicolo che dopo 3-4 m sale in un camino alto 8 m, che inizia con una stretta fessura (30 cm) a forte inclinazione, poi la sezione diviene tondeggiante (diametro 50 cm) e verticalmente si sbuca in una sala. La sala “UTEC” (punti 32-33) è l’ambiente più grande della grotta, ampia 5x10 m e alta 4-5 m. La volta è costituita da numerose cupole (che caratterizzano molte parti della grotta), le pareti sono “porose” (interamente alterate, come ovunque nella grotta) e si trovano piccole croste bianche di gesso; il pavimento è fangoso e in leggera discesa. Per raggiungere il punto più lontano dall’ingresso (il “fondo”, -41), si sale nel punto più alto della sala, per percorrere poi un breve cunicolo fino all’ampio scivolo finale, dove si cammina su una superficie di strato. RAMO “DEL GUERRIERO” Per entrare nel ramo del Guerriero, dal punto 4 si sale nella condotta tenendosi presso la parete di destra fino a raggiungere un passaggio basso: alla base della paretina (punto 8) si apre uno stretto cunicolo terroso in forte discesa (alto 40 cm e largo 60 cm), che dopo 5-6 m termina in una condotta quasi orizzontale (diametro 50 cm) che immette in un secondo tratto ripido fino alla sala “del Guerriero” (punto 41), larga 2 m e alta poco di più, con cupole sulla volta e concrezioni coralloidi. Sulla destra inizia un piccolo cunicolo orizzontale (ramo “Agili”) che riporta al punto 3, vicino all’ingresso della grotta. A sinistra, invece, si scende in un reticolo di condotte quasi verticali, scegliendo la più grande (diametro inferiore al metro), superando un dislivello di 8 m fino ad uno slargo (punto 43). Se, invece di proseguire la discesa, si prende la diramazione in salita lungo gli strati, dopo 4-5 m si raggiunge la saletta dell’”Arpa Celtica” (così chiamata per una caratteristica concrezione a velo), ampia 2 m e alta 1,7 m, con belle concrezioni calcitiche bianche, cupole sulla volta e pavimento piatto. |
||
Ritornati al punto 43, si riprende con la discesa di un tratto verticale, il pozzo “Fabau”, armato con corda e scale ma arrampicabile, profondo 5 m. Si prosegue la discesa della condotta incontrando un livello argilloso scuro; da qui in avanti la grotta è fangosissima. A sinistra della condotta parte una breve diramazione (“Black Out”); Si scende ancora qualche metro nella frattura inclinata di 65° verso 340° arrivando sopra un salto profondo 12 m (pozzo “D’Avolha”, punto 46), da scendere con la corda; alla base la fessura è impercorribile. Invece di scendere il pozzo D’Avolha, lo si può scavalcare alla sommità, verso destra, entrando con una piccola condotta nella “regione Himalayana”. Si salgono 8 m lungo lo strato a forte inclinazione (50-60°) fino ad una saletta fangosissima (punto 48). |
|
|
|
||
Da qui è possibile continuare la salita (corda) per una quindicina di metri fino al “Trivio” (punto 50), dove si incrocia una fessura percorribile in orizzontale per una ventina di metri verso destra (NW) e per una decina di metri verso sinistra fino al pozzo “a Sabbia”. Dalla saletta del punto 48 si può anche scendere attraverso due condotte che si ricollegano più in basso, impostate sulla frattura inclinata di 60° verso 330°, raggiungendo un tratto verticale, profondo circa 20 m, al di sotto del quale la fessura diviene impercorribile. |
||