Acquedotto Odescalchi - Bracciano

 

   Nel 1696 Livio Odescalchi acquistò per 386.300 scudi il Ducato di Bracciano, messo in asta dagli Orsini gravati da numerosi debiti, con l’intento di migliore il Ducato sviluppando l’attività agricola e industriale della zona. Durante una visita ai suoi possedimenti, Livio Odescalchi osservò le sorgenti di acqua nella zona della Chiesa di Madonna della Fiora e ne rimase sorpreso per l’abbondanza e la purezza. Decise quindi di commissionare la costruzione di un acquedotto imitando quelli realizzati in epoca romana “per rimettere a beneficio pubblico della sua Ducale la copia di quest’acqua in opera perché nei secoli venturi più non si perdessero, con vasta idea, emula degli acquedotti antichi di Roma fece scavare più Monti fino in profondità… traforando in detta profondità per lunghezza di 220 canne sotterraneamente la viva pietra a forza di scalpello…” (Archivio di Stato di Roma. Fondo Odescalchi, VIII G 10, p.10).

 

 

 

    Le acque della Fiora (una delle tante captazioni dell’Aqua Traiana) furono quindi convogliate a Bracciano con il principale obiettivo di fornire forza meccanica a sei ferriere, una cartiera (una delle più importanti dello Stato Ecclesiastico), due mole ed un forno per la produzione di ferraccio. A tal fine, su progetto di Carlo Buratti, venne realizzato un acquedotto lungo circa 7 km, scavato in parte in sotterranea nella roccia viva.

    Il Gruppo Speleo Archeologico Vespertilio, impegnato dal 2014 nell’esplorazione e nello studio dell’Acquedotto Traiano-Paolo, ha deciso di indagare e rilevare anche l’Acquedotto Odescalchi, al fine di uniformare i dati riguardo lo sfruttamento idraulico della captazione della Fiora e delle zone circostanti dal periodo romana sino all’epoca moderna.
   L’acquedotto ancora perfettamente conservato, risulta in parte ricavato in trincea ed in parte scavato direttamente del banco roccioso. I cunicoli realizzati in trincea sono alti un metro e settanta circa e larghi settanta centimetri, risultano completamente intonacati e costruiti con pietre squadrate messe in opera con malta abbondante. Sulla volta dei condotti sono ancora i visibili i segni della centina lignea utilizzata per la messa in opera della copertura stessa.

 

 

I tratti scavati direttamente nel banco tufaceo presentano invece sezione ogivale, larghezza di novanta centimetri ed altezza variabile (tra un 1,80 e 3 metri). Sulle pareti dei condotti sono presenti i segni lasciati dagli strumenti di scavo. Ad intervalli irregolari si aprono sulla volta dei cunicoli alcuni pozzi che vennero utilizzati per l’escavazione, l’areazione e la manutenzione dell’acquedotto sotterraneo. Numerosi pozzi sono stati richiusi e restaurati in epoche successive, altri sono completamente ostruiti da non rendere possibile il passaggio. Alcuni tratti dell’acquedotto corrono su dei ponti condotti. Il più spettacolare di questi è quello lungo la Valle del Fosso di Boccalupo che viene attraversata dal condotto con un ponte canale composto da tre ordini di archi sovrapposti (Archi di Boccalupo) per una lunghezza di circa 300 metri.

 

 

Riferimenti Bibliografici:

- E.Mariani (a curi di) “L’Acquedotto Odescalchi di Bracciano”, Centro Ricerche e Studi di Ronciglione, 2003
- M.G.Pezone, “Carlo Buratti. Architettura tardo Barocca tra Roma e Napoli”, 2008